Autorità nazionali e locali sono costantemente impegnate nel cercare di evitare o almeno ridurre l’inquinamento di vaste aree di territorio italiano. Anche attraverso, tra le altre cose, l’emanazione di norme che cercano di classificare i soggetti produttori di rifiuti e le modalità con cui li smaltiscono. Il tutto grazie alla compilazione, da parte di tali soggetti, di alcuni documenti importanti, tra cui il Mud dei rifiuti, ed il supporto di società impegnate nello smaltimento di questi, come Nova Ecologica.
Tuttavia, assieme a tale normativa, un aiuto importante potrebbe venire anche dal cosiddetto fitorimedio, cioè da quella tecnologia che sfrutta le piante per la bonifica di un terreno inquinato. Da qui un risanamento effettuato con una modalità del tutto naturale, economica e soprattutto sostenibile. Cerchiamo di conoscere meglio in cosa consista questo fitorisanamento e quali le piante maggiormente utilizzate.
Una tecnologia naturale ed utilissima
Nel corso dei decenni passati, le attività industriali ed agricole svolte hanno riversato nei terreni diverse sostanze inquinanti, tra cui ad esempio piombo, mercurio, arsenico e nichel. Gli effetti sono stati devastanti, portando allo sconvolgimento di interi ecosistemi naturali. Diverse le soluzioni adottate per cercare di risanare i terreni contaminati, tuttavia non sempre si sono rivelate efficaci o attuabili.
Negli ultimi anni, comunque, la ricerca ha trovato un possibile rimedio, proprio dalla selezione di piante che potrebbero assorbire le sostanze nocive presenti nei terreni, riducendone o addirittura eliminandone l’inquinamento. Tale tecnica può essere chiamata in molti modi, tra cui anche fitorimedio o fitorisanamento o, ancora, fitobonifica.
Essa parte dal presupposto di piantare in un terreno inquinato particolari specie vegetali, che grazie alle loro proprietà possono nutrirsi di questi composti nocivi per l’uomo, di estrarli dal terreno e accumularli nelle radici oppure nelle foglie, bonificando di fatto la terra sottostante. Ciascuna pianta si nutre di sostanze differenti, sfruttando una propria tecnica di assorbimento e questo favorisce l’opportunità di utilizzarne diverse ed in base alla tipologia di inquinamento presente.
Le specie vegetali più efficaci
Tra le piante maggiormente utili in questo genere di bonifica vi sono il vetiver, una pianta originaria dell’India, e la canapa, capaci di assorbire diverse tipologie di metalli pesanti. Poi vi è il girasole selvatico che preleva cromo e nichel, mentre la senape indiana tende a nutrirsi di cadmio, zinco, piombo e cesio. Anche alcune specie arboree vengono utilizzate in questa attività, come ad esempio il pioppo, un albero che riesce ad assorbire una consistente quantità di metalli.
Comunque, le ricerche e le sperimentazioni continuano. Esistono infatti numerose altre specie vegetali che in prospettiva promettono notevoli vantaggi nella bonifica dei terreni inquinati, tra cui ad esempio cavoli, rape, granoturco, brassica, lupini bianchi ed altri ancora. Forse la soluzione all’inquinamento dell’ambiente potrebbe arrivare proprio dalle specie vegetali che lo compongono.